Maurizio Brunialti -Sociolo

A volte, quando il gesto creativo incontra l’introspezione psicologica e la riflessione sociale, si sprigiona un potenziale comunicativo in grado di disarticolare le tradizionali categorizzazioni, rompere gli schemi e scompaginare quel confortevole reticolo di convinzioni che, se da un lato, consente di metter ordine – direbbe Max Weber – “nell’infinità priva di senso del divenire del mondo”, dall’altro, rappresenta una cristallizzazione che frena il superamento dello status quo. Soprattutto in campo artistico. 

 “Stai in campana”, la personale di Antonio Giannini, allestita alla Pinacoteca “Miani-Perotti” di Cassano delle Murge, promossa da Enkomion, rivista di storia, letteratura e arte, organizzata da Emi Media Communication e curata da Massimo Nardi, non sfugge a questa riflessione perché quel potenziale lo possiede, in dosi non trascurabili. Tradizionalmente accostata alla pittura di (De Chirico, Carrà, Morandi), forse a causa della staticità degli oggetti ritratti e di quel senso di sospensione che aleggia nelle sue opere, quella di Giannini è una ricerca che abita uno spazio mentale dove il concetto di identità rimbalza, giocosamente, da una dimensione nostalgicamente individuale ad un immaginario tipicamente collettivo. La tecnica espressiva è solo un mezzo, solo uno strumento, forse una scusa. Auto d’epoca, libri, televisori a tubo catodico, valigie, vecchi cassetti e nuovi sogni nel cassetto abitano la biografia e la produzione di un autore che accatasta e incastra – in ardite e provvisorie architetture – merci e ricordi, feticci e introiezioni, in flusso continuo, quasi cinematografico. Anche questo dal vago sapore vintage. “L’arte – sosteneva lo scrittore Carlo Dossi – non imita, interpreta”. E proprio in questo senso la poetica di Antonio Giannini valica il confine squisitamente estetico, esplora in profondità dinamiche inconsce ed emozioni senza tempo per poi planare su un piano interpretativo, e quindi sociologicamente critico, della contemporaneità. Le sue sculture, le installazioni, i dipinti dell’artista sono stratificati di segni e simboli tutti leggibili: riescono simultaneamente a parlare a ciascuno di noi, a chi siamo ora e a chi eravamo e a rimandare a dimensioni e fenomeni drammaticamente attuali, tanto connaturati nelle tradizioni locali quanto caratteristici dei sistemi sociali dell’arte globale. Viaggio. Tradizione. Identità. Transazione. Memoria. Precarietà. Mutamento. Nomadismo. Soprattutto culturale. Giannini organizza, come nel finale di un capolavoro felliniano, un girotondo malinconico e festoso di chiaro stampo onirico: una separazione-mescolanza di elementi che convivono nei medesimi riti collettivi e in ciascuna esistenza individuale, in un percorso emozionale che aspira a non cessare mai.

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